Esame avvocato: insufficiente giudizio formulato in termini solamente numerici

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
cicolex
00martedì 8 giugno 2004 08:34
Dopo il TAR Veneto (v. sentenza n. 5330), anche il TAR Emilia Romagna ha riconsiderato la propria precedente posizione ed ha aderito all'orientamento giurisprudenziale "minoritario", che afferma l'insufficienza, sotto il profilo motivazionale, del giudizio formulato in termini esclusivamente numerici.

Con la sentenza del 21.4.2004, il TAR Emilia Romagna ha, infatti, riconosciuto che il voto numerico non integra la doverosa esternazione della motivazione del giudizio, che, viceversa, deve necessariamente trovare riferimento in criteri valutativi prestabiliti; ove così non fosse, afferma il TAR Emilia Romagna, ove cioè il giudizio non fosse orientato da parametri predeterminati, ogni valutazione risulterebbe arbitraria, dunque illegittima.
cicolex
00martedì 8 giugno 2004 08:34
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L’EMILIA-ROMAGNA

N. 566 Reg. Sent.

SEZIONE I Anno 2004

composto dai signori:

Dott. Bartolomeo Perricone Presidente
Dott. Giancarlo Mozzarelli Consigliere
Dott. Carlo Testori Consigliere rel.est.

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n.1295 del 2003 proposto da ..., rappresentata e difesa dall’Avv. ..., presso i quali è elettivamente domiciliata in Bologna, via Mazzini n. 2/3,

contro

- il Ministero della Giustizia, non costituitosi in giudizio;

- la Commissione d'esame per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, sessione 2002, istituita presso la Corte d’Appello di Bologna, costituitasi in giudizio in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato in Bologna, presso i cui uffici è domiciliata in via G. Reni n. 4,

per l'annullamento, previa sospensione,

del provvedimento adottato dalla Commissione per gli esami di avvocato sessione 2002 di non positiva valutazione degli elaborati scritti della ricorrente; dei provvedimenti connessi e conseguenti e, in particolare, di quello di non ammissione alle prove orali.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Commissione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il Cons. Carlo Testori;

Uditi alla pubblica udienza del 26 febbraio 2004 l’Avv. .. e l’Avv. dello Stato ...;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

La dott.ssa ... ha partecipato, presso la Corte d'Appello di Bologna, alla sessione degli esami per l'abilitazione alla professione di avvocato indetta per l'anno 2002. Sostenute le prove scritte, non è stata ammessa all'orale, avendo ottenuto nelle prove predette un punteggio complessivamente insufficiente.

Contro tale esito l'interessata ha proposto il ricorso in epigrafe, prospettando la nullità del giudizio negativo impugnato e, comunque, la sua illegittimità per difetto di motivazione.

Si è costituita in giudizio la Commissione intimata, insistendo per la reiezione del gravame.

Nella camera di consiglio del 20 novembre 2003, con ordinanza n. 863, questo Tribunale ha respinto l'istanza cautelare proposta dalla ricorrente.

L'Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria in vista dell'udienza del 26 febbraio 2004, in cui la causa è passata in decisione.

D I R I T T O

1) Con il ricorso in epigrafe torna all'attenzione della Sezione la questione relativa alla sufficienza o meno, sotto il profilo motivazionale, del giudizio sulle prove concorsuali e abilitative espresso in forma esclusivamente numerica, con specifico riferimento alla valutazione degli elaborati dei partecipanti agli esami per l'abilitazione alla professione di avvocato. Detto profilo costituisce infatti oggetto della principale censura formulata nel ricorso, in cui si contesta la mancanza di adeguata esplicitazione delle ragioni delle valutazioni negative espresse dalla Commissione esaminatrice in ordine agli elaborati della ricorrente; il che concreterebbe il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione.

2) In proposito, come è noto, si sono andati consolidando nel tempo due opposti orientamenti.

Il primo, maggioritario, elaborato dal Consiglio di Stato che lo ha ribadito costantemente ed univocamente fino ad epoca assai recente, è tuttora condiviso anche da ampia parte dei Tribunali Amministrativi Regionali e si fonda sulle seguenti argomentazioni: il voto sintetizza ed esprime, in forma numerica, il giudizio e reca pertanto in sè la propria motivazione; l'onere di motivazione sancito dall’art. 3 della legge n. 241/1990 è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio numerico, che esterna compiutamente la valutazione tecnica della commissione d'esame, priva peraltro di valenza strettamente provvedimentale, rispondendo altresì ad un principio di economicità e di efficienza dell'azione amministrativa (cfr. tra gli ultimi Cons. Stato, IV Sezione 17 dicembre 2003 n. 8320, 15 settembre 2003 n. 5108, 8 luglio 2003 n. 4084, 15 maggio 2002 n. 2601, 29 ottobre 2001 n. 5635; TAR Lazio, I Sez. 13 gennaio 2004 n. 146; TAR Bari 15 luglio 2003 n. 2865).

A tale indirizzo si contrappone quello, minoritario, sostenuto da una parte della giurispudenza amministrativa di primo grado (si vedano, tra le più recenti, TAR Veneto, I Sez. 1 ottobre 2002 n. 5927, 1 agosto 2002 n. 3831 e 21 gennaio 2002 n. 137; TAR Liguria, II Sez. 22 luglio 2002 n. 850; TAR Latina 14 giugno 2001 n.649; nonché, in precedenza, TAR Milano, III Sez. 3 giugno 1998 nn. 1154 e 1157 e 30 giugno 1998 n. 1521; TAR Lecce, I Sez. 25 marzo 1997 n. 207 e 10 agosto 1996 n. 617; TAR Brescia 19 ottobre 1996 n. 990) che afferma l'insufficienza, sotto il profilo motivazionale, del giudizio formulato in termini esclusivamente numerici, in quanto non consente al candidato di conoscere le specifiche ragioni della valutazione così espressa in rapporto al contenuto della prova svolta e gli preclude, altresì, la possibilità di un’efficace tutela giurisdizionale.

Della questione è stata investita anche la Corte Costituzionale, che peraltro, con le ordinanze n. 466 del 2000 e n. 233 del 2001, non è scesa nel merito del prospettato contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost. del "diritto vivente" costituito dall'orientamento pressoché unanime del Consiglio di Stato (nel senso più sopra illustrato), ma si è limitata ad affermare la palese inammissibilità della questione proposta dal TAR Milano – III Sez. (qualificata come improprio tentativo di ottenere l'avallo della Corte a favore di una determinata interpretazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990), tenuto anche conto della presenza di indirizzi giurisprudenziali non stabilizzati.

3) Questo TAR ha costantemente aderito all’orientamento prevalente, ribadendolo da ultimo con le sentenze 3 febbraio 2003 nn. 59, 60, 61, 62, 64.

La questione merita però in questa occasione di essere integralmente riesaminata, tenuto anche conto che l'indirizzo tradizionalmente minoritario è stato di recente rielaborato sulla base di argomentazioni più organiche e convincenti per iniziativa, in particolare, del TAR Veneto, e che nell'arco dell'ultimo anno lo stesso Consiglio di Stato e, segnatamente, le Sezioni Quinta e Sesta hanno adottato decisioni (30 aprile 2003 n. 2331 e 13 febbraio n 2004 la VI^; 6 ottobre 2003 n. 5899 la V^) che appaiono espressive di una generale riconsiderazione della problematica de qua.

4.1) Nell'esaminare la questione è necessario prima di tutto definire la natura del voto, cioè del punteggio espressivo del giudizio formulato in ordine alla prova di un candidato. In proposito non appare superabile l’argomentazione secondo cui il voto costituisce esternazione del risultato e non già della motivazione del giudizio; non c’è dubbio che il voto “5” corrisponde ad un giudizio di insufficienza, che il voto "4" corrisponde ad un giudizio di grave insufficienza, ecc.; le ragioni di una valutazione negativa (e la graduazione di questa) possono però essere le più diverse: errori concettuali e/o ortografici, superficiale o confusa conoscenza della materia trattata, inadeguatezza dell’esposizione, mancata comprensione del tema proposto, incapacità di analisi e/o di sintesi, ed altre ancora; ed allora la valutazione negativa espressa con un punteggio, se vale ad esternare la conclusione alla quale è pervenuto chi ha proceduto alla valutazione, non vale a spiegare l'iter logico, cioè le specifiche ragioni che hanno condotto a quella conclusione.

4.2) Le considerazioni appena svolte circa la non coincidenza tra esternazione del giudizio in forma numerica e sua motivazione potrebbero tuttavia non assumere rilevanza decisiva alla luce del tradizionale orientamento del Consiglio di Stato, sinora seguito anche da questo Tribunale, secondo cui l'obbligo di motivazione sancito dall'art. 3 della legge n. 241/1990 non riguarderebbe i giudizi di cui si controverte, perché privi di natura provvedimentale. Anche sotto questo profilo appaiono però convincenti le opposte argomentazioni sviluppate dalla giurisprudenza più recente di segno contrario a quella ancora maggioritaria; ove anche si ammetta, infatti, che il giudizio di una prova d'esame non presenta natura provvedimentale, resta il fatto che i provvedimenti finali dei procedimenti concorsuali e idoneativi (graduatorie, abilitazioni e provvedimenti negativi di queste) sono motivati solo attraverso il richiamo agli atti del procedimento stesso; perciò escludere l'obbligo di motivazione dei giudizi (che costituiscono i presupposti dei provvedimenti finali) equivarrebbe ad espungere la motivazione dall'intero ambito di questi procedimenti, in violazione della disposizione di cui al citato art. 3 secondo cui " ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti…… lo svolgimento dei pubblici concorsi…… deve essere motivato"; in contrasto, altresì, con il principio costituzionalmente garantito che vuole sempre assicurata la possibilità di un sindacato della ragionevolezza, della coerenza e della logicità delle stesse valutazioni concorsuali.

4.3) Una volta riconosciuto che il voto non integra la doverosa esternazione della motivazione del giudizio, va evidenziato che tale motivazione deve necessariamente trovare riferimento in criteri valutativi prestabiliti; ove così non fosse, ove cioè il giudizio non fosse orientato da parametri predeterminati, ogni valutazione risulterebbe arbitraria, dunque illegittima. E non a caso in materia concorsuale opera la previsione di cui all’art. 12 comma 1 del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (come modificato dall'art. 10 del D.P.R. 30 ottobre 1996 n. 693), secondo cui "le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove". Tale disposizione, stabilendo una stretta correlazione tra i punteggi ed i criteri di valutazione prefissati, impone alle commissioni esaminatrici da un lato di autolimitare il proprio potere di apprezzamento, dall'altro di motivare circa il modo di applicazione dei criteri stessi al caso concreto, perché altrimenti tra i criteri ed i giudizi sarebbe saltato il passaggio intermedio dell'applicazione dei primi, il che renderebbe inutile la preventiva fissazione degli stessi ed il conseguente effetto di autolimitazione. Ed il collegamento tra predeterminazione dei criteri di valutazione e giudizi, finalizzato alla motivazione di questi ultimi, è espressivo di un indirizzo normativo non occasionale, che si riscontra ad esempio anche in tema di procedure concorsuali riguardanti il personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale; l’art. 9 del D.P.R. 27 marzo 2001 n. 220 dispone infatti al terzo comma: "La commissione, alla prima riunione, stabilisce i criteri e le modalità di valutazione, da formulare nei verbali, delle prove concorsuali ai fini della motivazione dei punteggi attribuiti alle singole prove".

4.4) Se è necessaria la predeterminazione dei criteri valutativi, questi possono poi, in concreto, caratterizzarsi diversamente, cioè presentare differenti gradi di rigidità e puntualità; in altre parole, le commissioni esaminatrici possono stabilire criteri più o meno stringenti o, al contrario, generici, in rapporto all'oggetto delle prove da esaminare. Tanto maggiore sarà la rigidità dei criteri, tanto minore sarà il margine di discrezionalità rimesso alla commissione e tanto minore sarà, correlativamente, l'esigenza motivazionale a cui questa dovrà far fronte. Ad esempio, nel caso di prove a risposta multipla, una sola delle quali esatta, la predeterminazione del valore, in termini di punteggio, da attribuire ad ogni risposta corretta o errata impone alla commissione di operare in modo assolutamente vincolato, cosicché il risultato finale non necessita di spiegazione (cioè di motivazione), essendo conseguenza immediata e diretta dell’applicazione dei criteri prefissati. Questo non è, però, il caso delle prove abilitative di cui si controverte in questa sede, nell'ambito delle quali il grado e le modalità (il quantum ed il quomodo) della motivazione vanno definiti in rapporto alla maggiore o minore genericità dei criteri di valutazione prestabiliti nel caso concreto. Occorre considerare in proposito:

- che, se l'obbligo di motivare le valutazioni espresse nelle procedure concorsuali ed in quelle idoneative (alle prime assimilabili) consegue a puntuali previsioni normative e corrisponde ad ineludibili esigenze di trasparenza dell’attività amministrativa, che trovano fondamento nei principi di imparzialità e di buon andamento ex art. 97 Cost., l'adempimento di tale obbligo va assicurato cercando di pregiudicare nella misura minore possibile le esigenze di snellezza e speditezza del procedimento, pure riconducibili al citato principio di buon andamento;

- che nei casi in cui i criteri di valutazione non siano stati predeterminati in modo così rigido e vincolante da far comprendere immediatamente le ragioni di un giudizio negativo, le esigenze motivazionali possono ritenersi soddisfatte allorché il punteggio espressivo del giudizio trova chiarimento e spiegazione (quantomeno) in note apposte a margine dell'elaborato, nell'uso di segni grafici che consentano di individuare gli aspetti valutati negativamente, nella sottolineatura dei brani censurati, nell'indicazione succinta delle parti della prova contenenti lacune, inesattezze o errori.

5) A conclusioni di tal genere è pervenuto il Consiglio di Stato nelle decisioni della Quinta e della Sesta Sezione già citate, in cui si aderisce ad un indirizzo definito "intermedio" affermando (Sez. VI, 30 aprile 2003 n. 2331):

- che "la questione relativa alla idoneità del punteggio numerico a soddisfare il requisito della motivazione va risolto, non già in astratto, ma in concreto", facendo riferimento alle caratteristiche specifiche del procedimento esaminato e, in particolare "alla tipologia dei criteri di massima fissati dalla Commissione, risultando sufficiente il punteggio soltanto ove i criteri siano predeterminati rigidamente e insufficiente nel caso in cui si risolvano in espressioni generiche";

- che nelle procedure di concorso le commissioni esaminatrici sono tenute a "rendere percepibile l'iter logico seguito nell'attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione numerica"; perciò occorre "che al punteggio numerico si accompagnino quanto meno ulteriori elementi sulla scorta dei quali sia consentito ricostruire ab externo la motivazione del giudizio valutativo; tra questi, in specie, in uno alla formulazione dettagliata e puntuale dei criteri di valutazione fissati preliminarmente dalla Commissione, l’apposizione di note a margine dell'elaborato, o, comunque, l'uso di segni grafici che consentano di individuare gli aspetti della prova non valutati positivamente dalla Commissione".

6) Sulla base delle considerazioni svolte il Collegio ritiene di dover abbandonare l'indirizzo finora seguito sulla questione di cui si controverte e di fare applicazione, nel caso di specie, dell'orientamento illustrato ai punti 4) e 5) che precedono (analogamente si è di recente orientato, nella medesima materia, il TAR Umbria nella sentenza 12 febbraio 2004 n. 66); in relazione a tanto, va innanzitutto premesso che il giudizio sugli elaborati della ricorrente è stato espresso dalla Commissione esaminatrice in termini esclusivamente numerici (24/23/28); e che i criteri di valutazione delle prove scritte prefissati dalla Commissione stessa nella seduta del 13 gennaio 2003, riferiti sia ad "Elementi che possono condurre ad un giudizio favorevole", sia ad "Elementi negativi penalizzanti", presentano carattere di evidente genericità; per cui, in mancanza di qualche supporto motivazionale, dal giudizio espresso in forma esclusivamente numerica non è possibile risalire al modo in cui detti criteri sono stati applicati al caso concreto.

Gli elaborati della ricorrente recano però alcuni segni grafici apposti dalla Commissione esaminatrice, evidentemente allo scopo di indicare profili ed elementi ritenuti significativi nell'orientare il giudizio in senso negativo; in particolare:

per quanto concerne il parere in materia regolata dal codice civile, si rinvengono due sottolineature riguardanti, rispettivamente, i termini "incolumi" (pag. 1) e "preferibile" (pag.2);
per quanto concerne il parere in materia regolata dal codice penale, si rileva nella prima pagina una sottolineatura del termine "soggettiva"; più estesi segni grafici sono stati poi apposti a fianco del testo nella quarta pagina;
nessun segno o annotazione risulta invece apposto sull'atto giudiziario.
La difesa della ricorrente sostiene che tali segni grafici e annotazioni non bastano a spiegare le ragioni che hanno indotto la Commissione esaminatrice ad esprimere un giudizio negativo sugli elaborati della predetta. Di contro, l'Avvocatura dello Stato, nell'evidenziare la singolarità della situazione verificatasi negli esami di avvocato della sessione 2002 a causa della sostanziale identità fra le tracce ministeriali e il contenuto dei codici commentati, sottolinea in memoria che le votazioni negative attribuite dalla Commissione corrispondono ad un'insufficienza di fondo degli elaborati, piuttosto che a singoli errori; per cui le sottolineature e le annotazioni apposte sulle prove scritte della ricorrente da un lato valgono a confermare quanto sopra, dall'altro rivelano la propria inutilità perché superflue in una situazione (come quella di specie) caratterizzata da una generale insufficienza contenutistica o da carenze diffuse.

Il Collegio non condivide le pur pregevoli argomentazioni sviluppate dall'Avvocatura dello Stato, che almeno in parte costituiscono un inammissibile tentativo di integrare ex post la motivazione carente dei giudizi impugnati; una volta ammesso che il voto non costituisce motivazione del giudizio, è necessario che il perché della valutazione (negativa) attribuita alla prova del candidato emerga altrimenti. Si tratta allora di verificare se i segni grafici, le sottolineature, le annotazioni a cui fa riferimento la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato si rinvengano nel caso concreto e siano sufficienti a dar conto delle ragioni del giudizio sfavorevole espresso dalla Commissione esaminatrice. Ad avviso del Collegio ciò si verifica solo ove tali segni e annotazioni si riferiscono a carenze o errori evidenti ed immediatamente riconducibili ad elementi di giudizio penalizzanti, secondo quanto stabilito dalla Commissione d’esame; il che va valutato caso per caso.

Nella fattispecie di cui si controverte va innanzitutto premesso che nell’atto giudiziario redatto dalla ricorrente non si rinviene nessun elemento esplicativo del voto negativo attribuito e dunque, per tale elaborato, risulta evidentemente insoddisfatto l'obbligo di motivazione che fa carico al predetto organo; quanto poi ai pareri di diritto civile e di diritto penale, si rileva che le sottolineature e i segni apposti sembrano riferibili più ad imprecisioni che a veri e propri errori e comunque non bastano a spiegare il perché del giudizio negativo sottostante, in mancanza di una compiuta, seppur sintetica illustrazione delle carenze riscontrate in sede di correzione ed in assenza di ulteriori chiavi di lettura che consentano di collegare tali indicazioni grafiche ai criteri negativi di giudizio prestabiliti dalla Commissione.

In conclusione, il Collegio ritiene che le valutazioni negative espresse in ordine agli elaborati della ricorrente risultano affette dalla censurata carenza motivazionale e che, dunque, il ricorso merita accoglimento. Ciò a prescindere dall'ulteriore motivo dedotto (nullità del giudizio impugnato, espresso in un verbale che fa riferimento alla "Commissione esame procuratore legale"), che risulta infondato tenuto conto che, come puntualizzato dall'Avvocatura dello Stato, la Commissione riunitasi il 3 febbraio 2003 corrisponde esattamente a quella nominata con dd.mm. 7/11/2002 e 4/12/2002.

7) L'accoglimento del ricorso per le ragioni precedentemente enunciate comporta l'annullamento delle valutazioni negative espresse sugli elaborati dell'interessata, con il conseguente obbligo di provvedere alla rinnovazione della correzione degli elaborati stessi. Per ovvie ragioni di imparzialità dell'azione amministrativa alla nuova correzione dovrà provvedere la Commissione d'esame in composizione diversa da quella che ha proceduto alla precedente correzione, con modalità tali da assicurare l'anonimato degli elaborati in questione, che potranno essere riesaminati insieme a quelli relativi ad altri candidati che hanno presentato analoghi ricorsi, trattati da questo Tribunale, con identico esito, nella medesima udienza.

8) Sussistono validi motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi e con gli effetti di cui motivazione.

Spese compensate .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna il 26 febbraio 2004 .

Presidente F.to Bartolomeo Perricone

Consigliere rel.est. F.to Carlo Testori

Depositata in Segreteria in data 21/04/2004

Bologna, li 21/04/2004

Il Segretario

F.to Silvia Lazzarini


marco panaro
00martedì 30 ottobre 2007 12:00
Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 26 ottobre 2007, n. 5615
Come già rilevato in fattispecie identiche alla presente (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1575; id., 29 dicembre 2005, n.7556), il verbale con il quale, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 9, legge 18 luglio 2003, n.180, la Commissione centrale presso il Ministero della Giustizia ha proceduto alla definizione dei criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali dell’esame di avvocato non limita la sua efficacia alla sola regione di residenza della parte ricorrente, ma si estende all’intero territorio nazionale, con la conseguenza che la contestuale impugnazione del predetto atto, in quanto proveniente da un organo centrale dello Stato ed avente efficacia generale ed illimitata, e del provvedimento di esclusione del candidato, implicando una situazione di inscindibilità processuale, determina la devoluzione al Tar del Lazio, sede di Roma, della competenza a conoscere della intera controversia (restando del tutto irrilevanti, ai fini che qui interessano, la consistenza, il contenuto e la portata delle censure rivolte contro l’atto generale presupposto). Analoghe considerazioni valgono per il decreto di abbinamento delle sedi ai fini della correzione degli elaborati scritti.
A ciò consegue, in definitiva, l’individuazione del Tar del Lazio, sede di Roma, come competente a conoscere della controversia introdotta con il ricorso di primo grado.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:01.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com