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CLAUDIO SABELLI FIORETTI INTERVISTA LA SORA LELLA BERTINOTTI

Corsera Magazine
30 marzo 2006

Quando ero andato ad intervistare Fausto Bertinotti, a Dolceacqua, un paesino ligure vicino alla frontiera con la Francia, il segretario di Rifondazione Comunista aveva messo una condizione: niente Gioco della Torre. Non voleva buttare nessuno. Io avevo accettato a malincuore la limitazione. Ora che mi trovo di fronte a Lella, sua moglie, in un elegante appartamento romano, mi vendico. Le dico: «Facciamo solo il Gioco della Torre». So che finiremo a parlare di tutto, dalla caduta del governo Prodi ai cachemire di Bertinotti. Ma metto le mani avanti.

Gioco della Torre.
«Io non sono come Fausto, posso farlo se non posso farne a meno».
Tre sulla torre: Cossutta, Rizzo e Diliberto.
«Butto Rizzo. È più adatto alle palestre che alle biblioteche. Gli piace mostrare i muscoli».
Ha detto: «Provo per Bertinotti un’antipatia totale».
«Strano. Io ricordo che era molto servizievole nei confronti di Fausto».
Anche Bertinotti ce l’ha con Rizzo?
«Non ne parla mai, neppure lo nomina Hanno fatto di tutto per cancellarci, ma non ci sono riusciti e noi oggi siamo un partito più grande di loro».
Cofferati o D’Alema?
«Cofferati è un moderato anche se a volte c’è stata una illusione collettiva contraria che non ha mai contagiato me e mio marito».
E la gestione di Bologna?
«Possibile che la grassa e ricca Emilia non riesca a dare una mano a quei poveri cristi che bivaccano sulle rive dei fiumi pur tutelando la sicurezza dei cittadini?».
Cofferati ammicca a destra?
«Mi pare, tanto che l’85 per cento della popolazione bolognese sta con lui».
Quindi salva D’Alema, l’«antipatico».
«Quando lo incontro ad una cena è ironico e divertente. È antipatico solo con i giornalisti».
Invece Fausto è simpatico a tutti.
«Spesso la gente gli dice: “Noi abbiamo grande ammirazione per lei, lei è una persona perbene, ci garantisce la democrazia. Però non la pensiamo come lei e non la votiamo”. Io mi innervosisco: “Sentite, non potreste ammirarlo un po’ di meno, magari odiarlo, ma votarlo?”».
Come Almirante: piazze piene, urne vuote…
«Del Prc non si può dire urne vuote: siamo il terzo partito della coalizione, nonostante le liste civetta e la legge elettorale. Un partito del 6 % come noi ha 12 parlamentari, uno come quello di Casini ne ha 70. Questa nuova legge non mi piace ma finalmente avremo i nostri sessanta parlamentari».
Bertinotti dice: «Se fossi meno coerente, sarei meno simpatico ma avrei più consenso».
«La coerenza è rara in questo Paese».
Paga o non paga?
«Siamo un popolo che dimentica. Chi ricorda che Fini non voleva più prendere un caffè con Bossi? E che Bossi considerava mafioso Berlusconi? Quando ricordiamo, ricordiamo male. C’è gente convinta che l’esperienza dei governi di sinistra sia finita per colpa di Rifondazione. È un falso. L’Ulivo è rimasto al governo tutti i cinque anni. Poi hanno perso le elezioni perché hanno governato male. Berlusconi è al governo per colpa della sinistra che non ha fatto la legge sul conflitto di interessi, non per colpa di Bertinotti».
Altre dimenticanze?
«Il nostro elettorato non ricorda che ci sono tra noi molti riciclati del centro destra».
Per esempio?
«L’ultimo è Fisichella. Era a disagio in An? Poteva saltare un turno.
Lei ha mai pensato di darsi alla politica?
«Mai, non ho la capacità. Sono inadatta, sono una che se la lega al dito. Non ho il dono della leggerezza. Non sono disponibile alla mediazione».
Anche suo marito era considerato un signornò, quello che non firmava i contratti.
«Pura leggenda. Non si può fare il sindacalista per trent’anni ai massimi livelli senza mediare. Di contratti ne ha firmati di buoni e di meno buoni, ma li ha firmati».
Quando Fausto ha fatto cadere il governo Prodi avete avuto dei problemi?
«Alcuni conoscenti che frequentavamo da tanti anni scomparvero dal nostro orizzonte. Poi sono tornati ma io continuerò a odiarli fino alla quinta generazione».
Torre: Fassino o Veltroni?
«Fassino lo conosco da 35 anni. E poi è così magro che non posso buttarlo. Veltroni, invece, mi è caro ma non mi è piaciuto che abbia rinnegato il comunismo. Ha ragione Andreotti che dice: “Quello che si è iscritto alla Fgci, al Pci, non può essere lo stesso. È un caso di omonimia”».
Voi discutete spesso di politica?
«Non siamo una coppia molto unita da quel punto di vista».
Lei è sempre stata un passo avanti. Nel Psiup quando Fausto era nel Psi.
«Poi insieme nel Pci ma io, prima di lui, sono andata in Rifondazione. Dopo un po’ è arrivato anche lui».
Chiamato da Cossutta.
«I rapporti con Cossutta all’inizio erano buoni. Ma lo sport preferito di Cossutta era far fuori i segretari. Prima lo fece con Garavini, poi tentò con Bertinotti».
Rimproverano sempre a Bertinotti quella frase sulla gioia che provava in occasione degli scioperi.
«Perché, non si deve provare gioia quando si lotta per i propri diritti? L’unica difesa che hanno i lavoratori».
Quando suo marito tornava a casa dopo una giornata di sciopero era allegro?
«Tornava come le altre volte, magari con un po’ più di entusiasmo se era andata bene».
Fausto parla difficile?
«Sì, parla difficile. Glielo contesto continuamente. C’è una fascia alla quale lui non arriva. Non è un caso, i nostri elettori sono soprattutto i laureati. Fausto ha un frasario troppo complesso. Però non è studiato a tavolino. Parlava forbito già quando aveva 18 anni».
Lei lo capisce?
«Adesso sì, ma non condivido sempre».
Per esempio?
«Non condivido il giudizio su alcune persone e che dia per scontata la buona fede di tutti. Io ho un’idea più disciplinata della politica. Fausto è proprio un liberal. È troppo disponibile a capire le ragioni dell’altro».
Lo definiscono stupendo, intelligente, elegante, raffinato…
«Non è tutto oro quello che luccica. Dalle 21 in poi Fausto è molto gradevole. Ma c’è tutta una parte della giornata, prima delle 21, in cui è veramente un uomo difficile».
Che cosa le piace di suo marito?
«È sempre rimasto fedele ai suoi ideali. Ha il dono della leggerezza e del perdono».
Quello che non le piace?
«È cocciutissimo. Quando prende una posizione non la molla. Passano mesi prima che riconosca di aver torto. Poi è permaloso. Forse perché lo critico troppo. La sua frase ricorrente è: “Potresti smetterla per cinque minuti di darmi consigli?”».
Torre: Casini o Pera?
«Butto Pera. Ma anche Casini che mi è simpatico. Non mi può parlare della famiglia indissolubile. Proprio lui che, se incontrasse uno come lui, direbbe che è un concubino. Più sono di destra e antidivorzisti, più divorziano. Noi di sinistra siamo per il divorzio e non divorziamo».
Crisi di gelosia?
«Se fossi gelosa a quest’ora sarei finita. Mio marito è bello e intelligente? Anche io sono stata una bella donna e credo di essere intelligente. E non per proprietà transitiva».
È sempre circondato da belle signore…
«Ho grande solidarietà donnesca. Ma perché certe donne non si innamorano mai di un cassintegrato?».
Voi frequentate bene…
«Frequentiamo gente borghese. È vero. Non temiamo contaminazioni. Ma frequentiamo anche gente anonima che non interessa a nessuno. Ci capita talvolta di andare in un salotto e ci incontriamo Fassino. Il giorno dopo Gad Lerner cita Bertinotti e non cita Fassino».
Venite citati anche quando andate in giro con Valeria Marini…
«Ci siamo incontrati casualmente a Salina. Noi eravamo sulla barca a vela di un’amica regista, insieme a Citto e Stefania Maselli. Siamo andati a cena da Alberto La Volpe. Tutto qui. Valeria è carinissima, simpatica, le voglio molto bene. Mi capita di sentirla ogni due mesi. Ma poi di questa amicizia ne scrivono come se ci vedessimo tutti i giorni».
Chi lo scrive? Dagospia?
«Non leggo Dagospia. Su Dagospia scrivono che quando mio figlio si è sposato Fausto aveva ai piedi delle Church’s da 800 euro».
E invece?
«Aveva delle scarpe nuove da 130 euro».
Altri amici famosi?
«Elisa Olivetti, Leo Gullotta, Mario D’Urso, un grande snob, il nostro amico più vip. Simpaticissimo».
Se sulla torre ci fossero Wojtyla e Ratzinger?
«Butterei Ratzinger. Guardi, teniamo in casa la foto di mio marito con Giovanni Paolo II quando il Papa venne alla Camera».
Chiese un atto di clemenza per i carcerati.
«Grande applauso, grande commozione, e non se ne fece niente. Tipica doppiezza dei deputati».
Almeno quelli cattolici dovrebbero dare retta al loro papa.
«Sono cattolici ma più che al papa danno retta all’America. Il caso più clamoroso è la guerra, una battaglia per Giovanni Paolo II. Ma è rimasta inascoltata.
Dicono di Fausto: il comunista con il cachemire.
«Questa storia del cachemire mi ha fatto inviperire per anni. Quando cominciarono a parlarne Fausto ne aveva uno solo, comprato da me al mercato dell’usato di via Sannio, rosso girocollo, 25 mila lire. Lo usavamo tutte e due, ma dopo un po’, poiché ho una certa abbondanza di seno, lui non poté più usarlo. Poi, quasi per prenderlo in giro, alcuni amici, tra i quali Alfonso Gianni e Rina Gagliardi, fecero una colletta e gliene regalarono uno. Beige. Poi gliene regalò uno una magliaia di Milano Infine, il giorno del suo compleanno, gli amici arrivarono con un cachemire a testa».
La falsa leggenda si è inverata.
«Certo. Oggi ha sette maglioni di cachemire. Ma non ha né un vestito né un cappotto di cachemire».
Resta il fatto che lui è molto elegante…
«Compriamo i vestiti nel negozio sotto casa, abbiamo buon gusto, ma i primi tempi compravamo gli abiti usati a Porta Portese. Ricordo una bellissima giacca a righe».
Avete gli stessi gusti?
«Sì. Nella nostra educazione estetica ci ha molto aiutato un amico sicilino, Pasquale Emanuele. Un uomo raffinato, un vero intellettuale. Ci portava alle mostre di design, ci consigliava le riviste. Ci avviò alle cose belle. Ci fece conoscere per la prima volta, nel 1962, la radio Brionvega, qullo splendido piccolo cubo nero».
Aiuta a vestire Fausto la mattina?
«No, ma esercito un discreto controllo. Tanto per evitare che esca con calze di colori diversi».
Denise Pardo, sull’Espresso, ha scritto che lei gli dà la mancetta la mattina, 50 mila lire.
«È falso. Però è vero che Fausto non sa fare nemmeno gli assegni. La gestione dei soldi è mia e quando ne ha bisogno, poche volte, ne prende da un cassetto dove li teniamo. Lui ha il totale disinteresse per le cose pratiche della vita».
Riceve molti regali?
«Penne, cravatte, calzini, sciarpe, libri, quadri. Quando andò in pensione i colleghi della Cgil di Torino gli regalarono un Missoni. Missoni lo seppe e gli regalò un altro Missoni».
Vedrà, dopo questa intervista gliene regalerà un altro.
«Una volta lui vestiva sempre di velluto. Adesso è di gran moda, è chicchissimo, però lui ha anticipato la tendenza. Mia nonna mi diceva: “Il tuo fidanzato veste come un pecoraro”».
In una intervista a Capital Bertinotti rivelò la sua passione per i grandi alberghi…
«Soprattutto quelli storici tipo il Grand Hotel di Rimini. Arrivarono subito tanti inviti. Non ci siamo mai andati, purtroppo».
Se la sinistra vince le elezioni, Bertinotti sarà ministro?
«No, ha detto di no, e quando dice di no è no. Sono sicura che non farà mai il ministro».
A lei piacerebbe fare la first lady?
«Non ne sento la necessità. Preferisco viaggiare o fare la nonna».
Fausto è contro la proprietà privata?
«Non l’ha mai detto: infatti abitiamo in una casa di nostra proprietà».
La imbarazza avere una colf a tutto servizio?
«La nostra vita è complicata, andiamo avanti con gli anni e dobbiamo farci aiutare. Io non trovo che ci sia contraddizione. Grave sarebbe se io non la regolarizzassi, non la pagassi il giusto, la trattassi come una dipendente».
Di nuovo la torre: Travaglio o Di Pietro?
«Butto Travaglio. Non mi piace la sua aggressività. Non fa che emettere sentenze».
Mussolini o Santanchè?
«Butto la Mussolini dopo averla vista urlare: “Meglio fascista che frocio” a una persona elegante, gentile, tranquilla, pacata, intelligente come Luxuria».
Quando ha conosciuto Bertinotti?
«Avevo 15 anni e lui 21. Mi fu subito antipatico. Ma la vera conoscenza è avvenuta un anno dopo: è scoppiata la scintilla e ci siamo messi insieme».
L’ha corteggiata?
«Mai nel senso tradizionale».
Non le ha mai detto: «Lella, dal primo momento che ti ho visto ho capito che la mia vita sarebbe cambiata…».
«Mai. Andavamo al cineforum, alle feste dei partigiani. Io gli facevo molte domande di politica. Lui era un socialista lombardiano».
Socialista lombardiano come Fabrizio Cicchitto.
«Lo ricordo Cicchitto. Brillante, simpatico. Era al sindacato tessili nazionali».
Oggi è il braccio destro di Berlusconi.
«Povero Lombardi! Non era molto abile a capire gli uomini. Come Fausto».




INES TABUSSO