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TESTI E FOTOGRAFIE A QUESTO INDIRIZZO:
www.reportersonline.it/pdf_magazine/1388456491.pdf



SOLO TESTO:

REPORTERS
GIORNALE DELLA FACOLTA’
DI SCIENZE POLITICHE
UNIVERSITA’ DI SASSARI
anno 6 n. 1
gennaio/febbraio 2007

attualità


INTERCETTAZIONI, TRA LEGGI E POLEMICHE
I nodi della riforma dopo un anno di scandali
di Mauro Cappiello
mauro.cappiello@ reportersonline.it

PRIMA il mondo del calcio messo a soqquadro.
Poi gli intrecci pericolosi tra politica
e spettacolo e lo scandalo-Savoia.
Infine la bufera nei servizi segreti.
Le inchieste,non sempre legali, condotte
sul filo del telefono sono state il vero
fenomeno del 2006. Lo hanno stabilito anche
i lettori di Repubblica.it, secondo i qua-
li "intercettazione" è la parola regina
dell'anno appena concluso. Ma quello che è
accaduto l’estate scorsa va al di là di un
semplice fatto di costume. Governo e par-
lamento hanno parlato di "barbarie", "bulimia",
"far west", in riferimento alle
intercettazioni non autorizzate: particolari
irrilevanti per le inchieste che sono
finiti sui giornali e hanno messo alla berlina
persone non indagate. Secondo il ministro Mastella
è giunta l'ora di fissare limiti certi per
procure e giornalisti. In pochi giorni hanno visto la
luce un decreto e un disegno di legge per risistemare
la materia.
Ma più che togliere dubbi i provvedimenti
hanno creato scontri e polemiche.
A far discutere è stata innanzitutto la norma,
inserita nel decreto legge convertito lo
scorso novembre, che obbligava il pm a richiedere la
distruzione dei dossier composti da intercettazioni
illegali quarantotto ore dopo l'acquisizione.
«Documenti e registrazioni che costituiscono
corpo di reato - si era ribellato l'ex magistrato
Antonio Di Pietro - non possono essere eliminati,
vanno messi a disposizione della magistratura».
Ma il suo reclamo è stato accolto solo alla vigilia
della discussione in parlamento del disegno di
legge di riordino con una clamorosa marcia indietro del
governo. Il testo di riforma dispone ora che le
intercettazioni illegali siano conservate in un
archivio riservato e distrutte solo cinque anni
dopo l'archiviazione del processo.
I magistrati sollevano forti dubbi anche
sull'abbassamento del tempo limite per
le intercettazioni ad appena 15 giorni,
prolungabili fino a un massimo di tre mesi.
Interpellato dallo stesso Guardasigilli, il Consiglio
Superiore della Magistratura ha risposto che il
restringimento compromette l'efficacia delle indagini.
Ma sul piede di guerra ci sono anche i giornalisti,
contrari ad alcune norme che pregiudicherebbero
da un lato la loro autonomia professionale,
dall'altro la libertà di stampa. Tra le prime c'è
quella che fa diventare direttori e editori
corresponsabili della pubblicazione di intercettazioni
abusive, da risarcire con una riparazione di
50 centesimi di euro per ogni copia stampata, nel
caso dei giornali, e dai 50mila a un milione di euro,
nel caso di radio e tv. La norma, protesta l'Ordine,
autorizzerebbe gli editori a decidere cosa va o non va
pubblicato. Ma c'è dell'altro. Perché, secondo il
nuovo ddl, al giornalista basterà "conoscere"
(non "pubblicare") atti coperti dal segreto per
rischiare da sei mesi a tre anni di carcere.
La disciplina sarà più rigida anche sugli atti
non secretati, che non potranno essere pubblicati
più nemmeno in sintesi fino alle indagini preliminari
o all'udienza preliminare.
Mastella allontana lo spettro del bavaglio e promette «le
più ampie consultazioni delle categorie interessate». Ma,
mentre le Camere discutono la riforma, i giornalisti (para-
dossalmente pure loro intercettati) si chiedono se
Calciopoli, Vallettopoli e lo scandalo Telecom-Sismi li
abbiano inventati loro.







Giornalisti e magistrati, dibattito aperto
all’aula magna dell’Università di Sassari
Quando informazione e privacy si scontrano
di Luciana Satta
luciana.satta@reportersonline.it

E' POSSIBILE trovare un giusto
equilibrio tra il rispetto della pri-
vacy dei cittadini, l'attività di inda-
gine della magistratura e la libertà
di informare dei giornalisti?
Questo il tema affrontato all'aula
magna dell'Università di Sassari
nel convegno "Le intercettazioni
telefoniche tra diritto di cronaca e
diritto alla riservatezza". Un pro-
blema complesso e di difficile solu-
zione, che ha animato un confron-
to serrato tra i relatori: Pier Camil-
lo Davigo, ex pm di Mani Pulite e
attuale consigliere di Cassazione,
Franco Siddi, presidente nazionale
della Federazione della Stampa ita-
liana, Filippo Peretti, presidente
regionale dell'Ordine dei Giornali-
sti, Angelo Giarda, docente di Pro-
cedura penale alla Cattolica di Mila-
no e Agostinangelo Marras, presi-
dente della Camera Penale. Mode-
ratrice del dibattito Riccarda
Marchetti, docente di Procedura pena-
le all'Università di Sassari.

All'intervento di Agostinangelo
Marras, che ha espresso «un certo
rammarico nel constatare che in
quasi tutti i processi si fa uso delle
intercettazioni telefoniche» e ha
sottolineato che «non bisogna abu-
sarne», è seguito quello di Pier
Camillo Davigo. Per il giudice mila-
nese «L'attuale disciplina del
segreto in Italia è una "carnevalata
indegna”, perché non si può vieta-
re a chiunque rilasci una dichiara-
zione coperta dal segreto di dirla
ad altri». «Se le telefonate sono
state registrate, sono rilevanti e
non sono coperte dal segreto - si è
chiesto - perché non dovrebbero
essere pubblicate? Il criterio della
riservatezza non vale. Vale la rile-
vanza sociale». Nella sua analisi
Davigo punta il dito contro le inter-
cettazioni irrilevanti, perche' «quando
vengono pubblicate distolgono l'attenzione
dell'opinione pubblica dai temi rilevanti del
processo». «Per impedirne la pubblicazione
- conclude - bisognerebbe obbligare il
giornalista a rivelare la fonte dell'informazione,
facendolo diventare, quindi, testimone».
Di diverso avviso è però il Presidente
nazionale della Stampa italiana,
Franco Siddi, «rappresentante di
una professione guardata, da una
parte, con un certo spirito di rispet-
to e, dall'altra, come imputato per-
manente». Siddi si è mostrato per-
plesso di fronte alle alternative
proposte da Pier Camillo Davigo:
«Io preferirei - ha detto - che nel
nostro paese si parlasse di più di
come informare anziché di come
vietare. Il giornalista ha il diritto
che la segretezza della fonte non
venga cancellata». D'accordo con
lui anche il presidente regionale
dell'Ordine dei giornalisti, Filippo
Peretti, che ha aggiunto: «Il segre-
to professionale giornalistico è un
ambito delicatissimo, ma senza
esso non esiste giornalismo. Il legi-
slatore sa che, senza segreto pro-
fessionale, il giornalista non può
fare il giornalista».

Angelo Giarda
ha posto invece l'accento sull'inva-
sività delle intercettazioni telefoni-
che. Secondo il professore di Pro-
cedura penale «annullano il diritto
al silenzio e prendono dichiarazioni
che una persona mai farebbe se
fosse sollecitata con gli strumenti
della garanzia».

Il P.m. Davigo:
«Ridurre il campo degli atti segreti»
Piercamillo Davigo,consigliere di Cassa-
zione presso la corte d'appello di Milano
QUALE deve essere il giusto rapporto tra
segretezza degli atti da una parte e la
loro pubblicazione?
«Io credo che in un paese civile ci deb-
bano essere il meno segreti possibile, però
quello che si ritiene debba essere segreto
deve rimanere tale».
In Italia il segreto è tutelato?
«No, affatto».
Come mai a suo parere?
«Il problema è che ci sono dei soggetti che
vengono legittimamente a conoscenza degli
atti teoricamente coperti da segreto, ma
che non sono tenuti a mantenerlo, il segre-
to. E' il caso degli avvocati difensori, che
sono liberi di parlare di contenuti di atti
segreti con un giornalista».
Quale potrebbe essere, allora, la solu-
zione per evitare di vedere pubblicati
sui giornali atti coperti da segreto?
«Bisognerebbe ridurre il più possibile il
campo degli atti segreti e stabilire che
quando un atto non è più segreto diventi
tranquillamente pubblicabile, cha ancora in
Italia non è possibile».






I PARERI
di Stefania Pinna
stefania.pinna@reportersonline.it


Franco Siddi:
«Il cronista rischia l’autocensura»
(Franco Siddi,presidente Federazione
Nazionale della Stampa)

COME bilanciare diritto di cronaca
e diritto alla riservatezza?
«Innanzitutto bisogna tutelare il diritto
del cittadino alla sua dignità.
Però ricordiamo che la riservatezza
delle indagini è di competenza della magi-
stratura. Il giornalista che venga a cono-
scenza di atti e documenti che riportano
atti di verità verificata e di interesse pub-
blico primario, ha il dovere di pubblicarli.
Qui occorre far scattare il principio della
responsabilità e della buona cultura profes-
sionale ed etica del giornalista.»
Irruzioni nelle redazioni, sequestri dei
computer di giornalisti. In questo
modo il giornalista vede limitata la sua
autonomia?
«Senz'altro. Nel momento in cui sono state
pubblicate intercettazioni che coinvolgeva-
no personaggi famosi, per scoprire chi è
stato l'autore della violazione del segreto
d'indagine, non si è andati alla fonte ma
negli archivi dei giornalisti. Un fatto di
grandissima gravità».
Cosa determinano azioni del genere?
«Portano i giornalisti ad autocensurarsi,
l'informazione ne risente, diventa più
magra e dunque meno utile».




Filippo Peretti:
«Posti limiti all’autogoverno dell’Odg»
(Filippo Peretti,
presidente Ordine dei giornalisti Sardegna)

L'ORDINE dei giornalisti è preso
abbastanza in considerazione nel momento in
cui la politica prende delle decisioni in meri-
to di pubblicazione di intercettazioni?
«Non molto. Purtroppo c'è un atteggiamento
un po' ostile nei confronti dei giornalisti e
della libertà di informazione.
Ad esempio il disegno di legge che verrà
discusso a breve è molto negativo».
Limita la libertà di stampa?
«Direi di sì. Infatti viene affidata la materia
disciplinare del giornalista all'Authority per le
comunicazioni: questo significa porre un for-
te limite all'autogoverno dell'Ordine, che soli-
tamente detiene il potere disciplinare. Se il
giornalista ha commesso degli errori, è giu-
sto che paghi. Se ha commesso dei reati ci
sono già le leggi che lo puniscono, se si trat-
ta di violazioni deontologiche è l'Ordine che
se ne deve occupare».
C'è anche un altro aspetto che l'Ordine
combatte con forza.
«Il disegno di legge assegna il potere di
decidere se pubblicare o meno una notizia
non più solo al direttore, ma anche all'edito-
re. Significa dare all'editore il ruolo di padro-
ne delle notizie e in un paese democratico
non ci devono essere padroni dell'informazio-
ne».




Angelo Marras:«Strumento troppo invasivo»
(Agostinangelo Marras, presidente Camera penale
di Sassari)

QUALI erano gli obiettivi del convegno?
«L'obiettivo era quello di evidenziare, da una par-
te, l'importanza delle intercettazioni telefoniche
come strumento di indagine, e dall'altra la necessità
di non abusare di questo strumento».
In Italia c'è un abuso di intercettazioni?
«Direi di sì. Le intercettazioni sono uno
strumento estremamente invasivo, viola-
no la riservatezza delle persone, e dun-
que la magistratura dovrebbe limitarne
l'uso».
E i giornalisti? Come dovrebbero
comportarsi quando entrano in pos-
sesso di alcune intercettazioni?
«Credo che il diritto di cronaca vada
assolutamente tutelato, ma devono stare
attenti alla riservatezza delle persone,
anche perché spesso accade che alcuni
cittadini diventano oggetto di indiretta
intercettazione che niente hanno a che
fare con l'indagine processuale. Inoltre
bisogna tener conto del momento in cui
si pubblicano queste intercettazioni per-
chè in gioco c’è la compromissione delle
indagini».





INES TABUSSO